La situazione di malessere in cui ci si trova oggi non è altro che
la conseguenza delle decisioni sbagliate che si sono prese nel proprio ieri.
Parola chiave: rammarico.
Lo strascico che queste scelte portano con sè, se l’insoddisfazione fa da sfondo al nostro presente, fa capo a un solo nome: rammarico.
Nei casi migliori si impara a convivere con quel grido interiore che ci fa sentire come se mancasse sempre qualcosa a renderci soddisfatti della vita che conduciamo, impariamo ad accettarlo e talvolta addirittura a silenziarlo.
Questo perchè, quando ci si appresta a un’analisi approfondita di ciò che ci ha condotti in quella condizione, ci si rende conto che le motivazioni che hanno sostenuto quelle scelte erano a quel tempo del tutto valide. Eravamo innamorati e ci sembrava di agire nel giusto o abbiamo riposto fiducia in qualcuno a tal punto da non considerare la possibilità di una conseguenza negativa che le azioni altrui avrebbero potuto arrecarci.
Il colpevolizzarsi per aver creduto in qualcuno o in qualcosa può quindi non essere un valido motivo per pentirsi delle decisioni prese, seppur rivelatesi poi sbagliate, e ciò ci permette di convivere, in alcuni momenti più dignitosamente di altri, con le pessime scelte compiute.
Nei casi peggiori, però, i rimpianti e i rimorsi per ciò che si è fatto (o non si è fatto) bruciano a tal punto da imprigionarci in un tempo lontano, costringendoci eternamente bloccati in un fermo immagine che ci impedisce di andare avanti e di adoperarci per ricostruirci dopo una dolorosa caduta.
I valori personali possono essere un limite?
I fallimenti fanno parte della vita, questo si sa, e svolgono un importante ruolo educativo nell’insegnarci, collezionando esperienze, a non commettere più gli stessi errori in futuro. Tuttavia quando i motivi che hanno mosso le nostre decisioni di allora non sono stati frutto del nostro sentire ma dell’influenza esercitata su di noi dalle circostanze o dalle persone che hanno giocato un ruolo decisivo nel farci compiere delle scelte diverse rispetto a quelle che abitualmente avremmo compiuto, è facile cadere nella morsa dei rammarichi.
L’elemento centrale intorno al quale ruota qualunque processo decisionale è quindi l’insieme di regole e valori individuali che ogni giorno guidano il nostro agire e che ci permettono di affermare di essere “fedeli a noi stessi” in ogni scelta e in ogni azione che ci vede protagonisti.
Quando l’impalcatura che sostiene le nostre decisioni e il nostro agire subisce però un danno, il discostarsi dal proprio sentire genera inevitabilmente uno stato di malessere.
Quante volte nella vita abbiamo preso decisioni
perchè influenzati da chi intorno a noi sosteneva di
consigliarci in totale buona fede?
Quante volte abbiamo accettato atteggiamenti
e comportamenti di chi stimavamo altamente seppur
non conformi al nostro ideale solo perchè influenzati dall’ascendente che queste stesse persone esercitavano
sulla nostra esistenza?
Evitare di subire influenze sulle nostre scelte da chi chi ci circonda è possibile?
Queste situazioni ci vedono coinvolti tutti i giorni e sarebbe utopico lo scenario che ci vedrebbe del tutto “schermati” di fronte al rischio di subire influenze fuorvianti per il nostro benessere.
Il nostro essere animali sociali naturalmente tendenti alla vita di gruppo ci rende automaticamente soggetti al rischio di influenza altrui dal momento che la società in cui viviamo ci vede costantemente intrattenere relazioni interpersonali, le stesse che inevitabilmente ci spingono a pensare e ad agire perchè soggiogati dalle stesse. Non esiste pertanto possibilità di compiere scelte del tutto oggettive perchè, per nostra natura, tendiamo a uniformarci alla collettività e alle sue esigenze.
In qualunque sistema sociale, poi, esistono leader e gregari e questa stessa classificazione deriva proprio dalla capacità di alcuni, i leader, di essere soggetti carismatici, capaci di esercitare un ascendente tale da riuscire nell’intenzione di influenzare il libero arbitrio altrui, ossia di coloro che finiscono per rivestire il ruolo di gregari che seguono le direttive di chi sta al comando.
Se la socializzazione e le interazioni umane sono quindi un campo di battaglia naturale e quotidiano in cui si è chiamati a misurare la propria capacità di sapersi difendere dall’ascendente altrui - con la consapevolezza che la totale indifferenza agli stimoli esterni sul proprio modo di pensare sarebbe utopia - è anche vero che nessuno possiede una “pozione magica” attraverso la quale riesce magicamente a influenzare il nostro libero arbitrio se non siamo noi stessi a consegnare loro lo scettro di un tale potere.
È così che semplici individui divengono significativi e da noi autorizzati ad avere una voce in capitolo sulle nostre decisioni, esercitando la subliminale arte di influenzare le nostre idee e il nostro modo di pensare.
Le persone che amiamo sono anche quelle che... ci condizionano di più in assoluto.
Non è un caso che si senta spesso affermare che le persone care, quelle che dicono di amarci incondizionatamente, siano anche quelle più capaci di farci del male.
Non è un caso perchè, al di là delle battute di spirito e sebbene non si riesca a riconoscere alcun dolo nel comportamento di coloro che più amorevolmente ci stanno accanto, è proprio il loro amarci, o meglio il nostro amarli, che ci rende sensibili alla più grande forma di condizionamento.
Amare rende deboli, perchè scopre i nostri punti più sensibili rendendoci bersaglio di influenze continue nel nostro modo di percepire e guardare alla vita.
Per amare non si intende inoltre solo il moto di affetto che si nutre nei confronti di partners e familiari, bensì di un concetto più ampio, che vede in qualsiasi forma di coinvolgimento rivolta a idee, cose e persone un possibile pericolo per la propria capacità di essere liberi di scegliere sempre la soluzione o la strada migliore per sè stessi.
Siamo culturalmente abituati a pensare che amare sia qualcosa che dovrebbe renderci liberi. Tuttavia, sebbene i sentimenti - di qualsiasi natura essi siano - abbiano la capacità di farci vivere momenti di grande emozione, nessuno mai pone l’accento sulle conseguenze che un’azione tanto naturale può davvero comportare.
Più amiamo, più siamo coinvolti, più automaticamente soffriamo: è un meccanismo che agisce in forma proporzionale e che influenza in maniera potente la nostra capacità di prendere le decisioni per noi più importanti.
Il libero arbitrio individuale è pertanto strettamente correlato ai livelli di coinvolgimento che nutriamo verso le persone per noi significative, le stesse che temiamo di ferire quando ci troviamo a prendere le decisioni più rilevanti per la nostra storia personale.
Arrecare dolore e sofferenza limita oggettivamente il pool di opzioni a nostra disposizione e questo comporta l’inevitabile conseguenza di una compressione del nostro sentire, che finisce con l’essere accantonato per cause di forza maggiore.
Le decisioni importanti non sono mai frutto della logica.
Le decisioni non sono mai quindi frutto della logica, ma sono sempre intraprese sulla base di un sentire emozionale.
Il libero arbitrio è un valore che subisce costantemente l’influenza di paure recondite: dal timore dell’ostracismo a quello del giudizio negativo, per passare ai sensi di colpa dilanianti, tutto ruota intorno alla paura di disattendere aspettative e infrangere desideri altrui.
Cosa distingue dunque coloro che riescono a prendere decisioni senza difficoltà e coloro che rimangono invece incastrati in spirali di indecisione costante?
Il livello delle loro paure.
I soggetti più sfrontati, che paiono saper prendere decisioni senza difficoltà, sono anche coloro che presentano pochi vincoli interiori e ciò gli permette di agire meglio di altri dando ascolto al proprio desiderio e al proprio sentire senza subire, o meglio sapendo gestire, l’influenza delle questioni significative che lo vedono protagonista emotivamente.
Quando invece i vincoli sono molti e le paure giocano un ruolo inibente, anche le più piccole decisioni conducono l’individuo a crisi profonde, fatte di lotte interiori dove a essere protagonista è il suo sentire, che non riesce a esprimersi come vorrebbe perchè bloccato dal timore di conseguenze dolorose.
A poco servono gli aforismi e le citazioni di grandi pensatori quando si cerca ristoro e alleggerimento dal peso dei vincoli che ci vedono compressi in una vita che non desideriamo.
Non serviranno a rendere più accettabile il potere limitante che esercitano nelle scelte di tutti i giorni. Vivere momenti di estremo coinvolgimento nei confronti di qualcosa o qualcuno è fondamentale per qualunque essere umano, così come lo è il desiderio che ci spinge a nutrire amore verso i nostri obiettivi perchè si tratta di un’energia unica nel farci sentire vivi.
Tuttavia non sedersi mai al tavolo dei proprie paure per aprire un confronto con i nostri più grandi limiti, o peggio considerarli marginali e mai la reale causa dei propri traguardi mancati, è l’atteggiamento più nemico che possiamo adottare nei confronti del nostro benessere.
Poter decidere sempre in totale libertà, nel rispetto del proprio sentire, è ciò che ci avvicina più di tutto all’idea di felicità che coltiviamo e a cui tutti aspiriamo.
Il primo passo verso l’abbattimento di un vincolo inibente è saperlo riconoscere.
Tu sai cosa - o chi - ti impedisce di essere soddisfatto della vita che conduci?
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